Madame Bovary

2016

Adattamento dal romanzo omonimo di G. Flaubert e regia di Laura Sicignano

Con Sara Cianfriglia, Roberto Serpi, Aldo Ottobrino, Alessandro Marini

Scene di Laura Benzi

Costumi di Maria Grazia Bisio

Luci di Luca Serra

Drammaturgia musicale a cura del Conservatorio “Niccolò Paganini” di Genova, Scuola di Musica Elettronica (Prof. Roberto Doati)
Musiche Andrea Chiumento, Federico Filippi Prevost De Bord, Giulio Sacco, Luca Serra, Matteo Traverso
Si ringraziano gli allievi Yesenia Vicentini (I violino), Filippo Bogdanovic (II violino), Pietro Romagnoli (viola), Carola Puppo (violoncello) e il Prof. Vittorio Marchese per le interpretazioni strumentali

Sistemi interattivi Giulio Sacco, Luca Serra

In collaborazione con Centro di ricerca Casa Paganini – InfoMus, DIBRIS, Università di Genova (supervisore: Simone Ghisio) e con Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, Corso di Storia e Teoria della Scenografia (supervisore: Pietro Millefiore)

Si ringrazia Bruna Donatelli dell’Università Roma Tre per la consulenza critico-letteraria

Produzione Il Contato / Teatro Giacosa di Ivrea – Teatro CARGO con la collaborazione del Teatro Stabile di Genova e del Teatro della Tosse

Crediti

Nel 1857 l’opera prima d’uno sconosciuto raggiungeva di colpo una celebrità straordinaria. Certo, Flaubert ha beneficiato d’una eccezionale pubblicità: un processo per offesa alla pubblica morale e alla religione. Comunque quasi 160 anni dopo, Emma Bovary è l’eroina di romanzo più spesso citata da psicologi, sociologi, medici, critici e anche dal linguaggio comune: “bovarismo” è termine d’uso corrente. Se il romanzo sia ispirato ad una storia di cronaca o pura invenzione, se e quanto altri autori come Balzac ne abbiano influenzato la genesi, è forse irrilevante. La trama è minima: un adulterio di provincia, una castello di bugie che crolla su se stesso e travolge tutti. Quel che resta attuale e conturbante non è più lo scandalo del tradimento, ma la fame insaziabile di Emma per qualcosa che non c’è. Lo spettacolo vuole evocare l’indimenticabile, inquieta eroina di provincia, ingenua e illusa come ancora oggi tante donne, sedotte dal mito del grande amore, insoddisfatte della vita, incapaci di vivere fuori dal sogno. Lo spettacolo vuole dimostrare come un classico possa parlare al presente: indifferente all’amore semplice e goffo del marito, Emma Bovary cerca l’assoluto, ma non riesce a dare concretezza ai suoi sogni, inciampa in uomini insulsi o crudeli che prima irretisce con il suo fascino, poi allontana e disgusta con la sua ossessione. La poesia a cui Emma anela non è di questo mondo. Non sa comprendere le piccole gioie della quotidianità. Rincorre un ideale estremo come un cupio dissolvi. Emma resta un personaggio universale in cui molti possono ancora identificarsi, per la sua acuta sensibilità, per il suo desiderio d’amore, per la sua fragilità che la conduce a cadere nei tranelli della vita. Soffrire ogni giorno di qualcosa che manca, attendere quel che non arriverà mai sono malattie sottili, ma micidiali. Emma finisce per distruggersi nel suo languore e distruggere chi, come il marito, non ha saputo capirla, ma comunque l’ha amata con una natura semplice e ingenua.

Sinossi
Rassegna stampa
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