Donne in guerra

2021

testo di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci

regia Laura Sicignano

con Federica Carruba Toscano, Egle Doria, Isabella Giacobbe, Barbara Giordano, Leda Kreider, Carmen Panarello

assistente alla regia Francesca Mazzarello

scene di Laura Benzi riprese da Elio Di Franco

costumi di Laura Benzi ripresi da Riccardo Cappello

luci Gaetano La Mela

produzione Teatro Stabile di Catania

 

La prima edizione dello spettacolo si è svolta a Genova nel 2008, con la produzione del TEATRO CARGO, a bordo dello storico treno Genova/Casella. Lo spettacolo è stato realizzato fino al 2016 con il seguente cast: Fiammetta Bellone, Elena Dragonetti, Barbara Moselli/ Arianna Comes, Margherita Romeo/Sara Cianfriglia, Irene Serini, Raffaella Tagliabue/AnnaPaola Bardeloni
L'edizione genovese dello spettacolo vince il Premio Fersen 2015 per la regia; il Premio internazionale Les Eurotopiques 2014, classificandosi primo tra oltre 100 progetti presentati. Ne consegue una circuitazione in Francia nel 2015. Riceve una menzione al Premio Ubu per il testo. Nel 2013 viene rappresentato al Fabbricone di Prato, nell’ambito di una “personale” dedicata a Laura Sicignano dal Teatro Metastasio, Stabile della Toscana. Nel 2021 viene rilevato dal Teatro Stabile di Catania e riallestito con un nuovo cast.

Crediti

Estate 1944. L’Italia è travolta dalla guerra civile. La gente è confusa, stanca, spaventata. Molti sfollano in campagna. Gli uomini sono in guerra, in montagna, molti sono morti. Restano le donne e si barcamenano per sopravvivere. Le storie di queste donne sono emblematiche ed esplose come bombe. Nei loro occhi è rimasto il fermo immagine di un evento che le ha segnate per sempre e che esse continuano a raccontare all’infinito perché non venga dimenticato. I vecchi raccontano sempre la solita storia. Diceva una canzonetta del tempo: non dimenticar le mie parole. La preghiera, la ritualità, la natura, il cibo, il corpo: sono elementi profondamente femminili. Sono esplosi durante la guerra. Le donne cercavano di mantenere dignità, femminilità e normalità quando nulla era dignitoso né normale. Si sono trovate improvvisamente in circostanze estreme: fame, pericolo, violenza. L’intensità delle loro spesso brevi vite, rende queste donne eroine, che siano vittoriose o sconfitte e ingannate. Ma le donne antiche, quelle legate alla terra, al corpo, sanno che ad ogni morte segue una nascita, e chiamano forte la pace.
Sfollati. Bombardamenti. Razionamenti. Deportazioni. Queste parole mi richiamano i racconti di infanzia delle nonne, che contribuirono più di ogni romanzo a creare il mio universo fantastico e valoriale: donne sole che si guadagnavano la sopravvivenza con la forza del carattere, l’indipendenza con l’inventiva, con l’ironia qualche lusso, con la saggezza la ribellione. Storie raccontate con parole antiche e piene di figure, crude e vive. Storie sicuramente poco adatte ad una bambina, ma secondo le mie nonne, giuste per spiegare il mondo. Storie a cui attingere a piene mani per personaggi scolpiti come miti, eroine che rifondavano le nostre identità di donne moderne, indecise, infelici e viziate. Storie che la mia generazione è stata l’ultima ad ascoltare dalle protagoniste. Dalla Storia, dalla Memoria volevo raccogliere storie classiche, non cronaca, non minimalismo. Con Alessandra Vannucci – coautrice – abbiamo raccolto storie di guerra da racconti famigliari o da testimoni del tempo per raccontare sei donne fulgide e forti, ciascuna del proprio destino di eroina più che di vittima, giovani e ingenue come le combattenti di allora, ribelli, impazzite di vita e di dolore. Il pubblico viene coinvolto nelle piccole tragedie quotidiane delle sfollate degli Anni Quaranta in un viaggio fisico e temporale: partigiane, fasciste, contadine, operaie, borghesi. Non mogli o figlie di qualcuno, bensì protagoniste, donne che si emancipano attraverso la guerra, prendono una posizione e a volte la pagano cara. Le attrici recitano a contatto diretto con gli spettatori, attori e testimoni della storia. I destini delle donne in guerra si compiono tra vendette e omicidi, come fu, durante gli anni censurati, quelli della Repubblica di Salò. Infine eccole, illuminate solo da tenui fanali, si spogliano, perché “nudi si va alla morte” e cantano in un dolce coro “Non dimenticar le mie parole”.

Laura Sicignano

Sinossi
Rassegna stampa
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