Di Laura Sicignano e Alessandra Vannucci
Ideazione e regia di Laura Sicignano
Con Matteo Alfonso, Daniele Gatti
Lorenzo Capello alle percussioni
Scene e costumi di Francesca Marsella
1832. Il ventenne Charles Darwin imbarcato sul brigantino Beagle, compie uno straordinario viaggio naturalistico in Sud America. Lo spettacolo che gli si offre nella Baía de Guanabara gli ricorda un immenso teatro d’opera. Dopo il Brasile, raggiunge l’Argentina, le Ande e infine le Galapagos.
Il giovane naturalista inglese non riesce a capacitarsi che un ecosistema così armonico come la foresta tropicale possa esser partorito dal caso. All’inizio del suo viaggio non lo abbandona la certezza che esista nella natura, quale geniale regista, un’intenzione immanente di felicità e bellezza.
Dopo settimane di esplorazione, Darwin rientra sul brigantino con una stravagante collezione di uova, conchiglie, serpi conservate in formalina e animali dalle strane forme.
La sua rivoluzionaria teoria comincia a prendere forma.
La prova del nove gliela forniscono le Galapagos: un piccolo ecosistema lontanissimo dalla terraferma, con parecchie specie aborigene ciascuna delle quali vanta innumerevoli varianti a dipendere dallo stato climatico, vegetale e alimentare in cui si è sviluppata.
Proprio qui Darwin trova la chiave che lo porta, dopo trent’anni di riflessioni, verifiche e tentennamenti, a rivoluzionare il pensiero scientifico scrivendo L’origine delle specie (1859): intuisce che non Dio ha creato la vita sulla terra, bensì l’evoluzione delle singole specie secondo un regime non deliberato o determinato, ma caotico e casuale.
Si apre per la storia del pensiero umano una nuova epoca.
Ad invitare Darwin sul Beagle era stato il giovanissimo Capitano Fitzroy. Il Capitano sperava che l’esplorazione del giovane naturalista procurasse notizie e documenti a conferma del racconto della creazione contenuto nella Genesi. Paradossalmente lo scienziato giunse a conclusioni assolutamente opposte. Offeso dai risultati ottenuti da Darwin, Fitzroy ormai anziano e quasi pazzo, in occasione di una conferenza pubblica dedicata alla teoria dell’evoluzione, agitando una Bibbia urlò che quella era l’unica fonte di verità.
La parabola esistenziale di questi due uomini in viaggio sul Beagle rappresenta nello spettacolo le due conflittuali concezioni del mondo, che ancora oggi si contrappongono: il creazionismo e l’evoluzionismo.
La natura si mostra come un prodigio di sorprese, imprevisti, stranezze, e quindi anche di divertimento. Lo spettacolo vuole rispecchiare questo carattere della natura. E Darwin è il personaggio più idoneo per abitare questo mondo surreale: egli è curioso e stravagante, capace di mettersi in sintonia con l’imprevedibilità della Natura. Insegue gli animali, li sottopone a esperimenti dispettosi, fa cose buffe e apparentemente illogiche, come apparentemente è buffa e illogica la natura.
Darwin parla con la natura, sia animale, vegetale o minerale. Ed essa gli risponde.
In molti brani del suo diario l’uomo occidentale pervaso di Illuminismo, fiducia nella scienza e nel progresso, viene sovrastato dalla potenza selvaggia di questi paesaggi “irrazionali”, così lontani dalla natura “amica dell’uomo” più tipica dell’Europa civile, culla della nostra cultura.
Il contrasto tra “cultura “ e “natura” si fa fortissimo.
Non solo: nel viaggio Darwin ha modo di confrontarsi con culture e abitudini lontanissimi da quelli europei e di riflettere su tematiche ancora oggi scottanti, come il razzismo, lo schiavismo, la tolleranza.
Darwin apre enormi prospettive alle scienza, proiettandola verso la genetica moderna.
Come la Natura si sviluppa, si trasforma incessantemente, così anche il pensiero scientifico non ha fine.