di Leonardo Sciascia
regia Laura Sicignano
con Joele Anastasi, Federica Carruba Toscano, Enrico Sortino
musiche Puccio Castrogiovanni
scene Elio Di Franco
costumi Vincenzo La Mendola
luci Gaetano La Mela
foto di Antonio Parrinello
produzione Teatro Stabile di Catania
QUARANTOTTU, s.m. disordine, confusione. 1. Dagli avvenimenti del 1848 in Sicilia.
2. Fari lu quarantottu, finiri a quarantottu, fig. vale: fare confusione.
Dizionario siculo-italiano.
Per mettere in scena un romanzo, bisogna scandagliarlo alla ricerca del teatro. Ne Il Quarantotto si definisce la vicenda una “farsa”. Ovunque esplodono conflitti. I personaggi sono “ipocriti”, ma non in un teatro nobile, bensì in un vaudeville o meglio in un circo di provincia. Si esibisce un bestiario: Sciascia descrive i personaggi come conigli, cani, muli, porci… La scena è una giostra, popolata da un'umanità belluina: la Storia gira ed è immobile, è un gioco tra gli attori che si contendono i personaggi più potenti, voltagabbana se conviene, tutti meschini, famelici. Il “gioco delle parti” è una cerimonia senza Sacro, la religione uno strumento di controllo. Dal potere qualcuno è sempre oppresso. La rivoluzione, che questa oppressione vuole abolire, nel nostro teatrino viene disinnescata. Tutto gira ed è immobile, ma qualcuno vuole fare davvero lu quarantottu: è un giovane “oscuro”, un siciliano silenzioso che rincorre l’utopia e combatterà finché resterà una sola ingiustizia al mondo. Questo spettacolo è un’operina per corpi, parole, musiche, in uno spazio - luce che rappresenta se stessa, il teatro speculum mundi. È una storia del 1848, è una storia di oggi.