testo e regia Laura Sicignano
con Irene Serini e Susannah Iheme
scene e costumi Guido Fiorato
coreografia Ilenia Romano
musiche Raffaele Rebaudengo Filo Q
direttore di scena Francesca Mazzarello
luci/ suono/ video Luca Serra
I campi profughi. Cosa sono? Come funziona uno dei più grandi campi del mondo? Si chiama Kakuma ed è al confine tra Kenya e Sud Sudan. In esso vivono circa duecentoventimila persone, fuggite dagli infiniti conflitti che agitano i paesi circostanti. Il nuovo progetto della regista e autrice Laura Sicignano è ispirato, dedicato, rivolto al campo profughi di Kakuma.
A volte il teatro riesce a farsi racconto e testimonianza, resoconto e istanza politica, senza però mai perdere la sua vocazione e natura poetica. Nella storia del Teatro di Genova, il teatro-documento ha avuto sempre un ruolo di grande importanza. Con Kakuma, si rinnova quella tradizione, portandola all’oggi. Così Sicignano, da sempre attenta alle contraddizioni e alle tensioni che segnano le dinamiche socioculturali del nostro tempo, allarga le maglie della drammaturgia sino a fare del palcoscenico il luogo della documentazione e della riflessione, tra musica live e danza.
«Ci sono persone come rifiuti ricoverati in “non luoghi”, al confine con niente. L’età media è molto bassa: una massa giovanissima che non ha nulla. Provvedono ai loro bisogni essenziali – cibo, salute, alfabetizzazione – organizzazioni governative e non, composte da altre persone che arrivano da paesi in cui hanno tutto. A partire da un viaggio a Kakuma – spiega Sicignano – racconto la mia esperienza di donna occidentale del XXI secolo e mi interrogo sul caso e sulla storia che mi hanno consentito di nascere in paradiso. Ogni racconto è inevitabilmente un punto di vista parziale e così provo a raccontare Kakuma e i suoi abitanti attraverso il mio sguardo e quello di chi ci lavora. Cerco di dare voce alle molte persone che ho incontrato, e che mi hanno trasmesso le motivazioni per cui hanno deciso di dedicare la loro vita ad aiutare gli altri, persone che hanno lasciato i propri paradisi alla ricerca di un senso».